Cannavacciuolo, spiacevole episodio per lo chef più amato della tv italiana: ecco la triste vicenda.
Antonino Cannavacciuolo è tra i nomi più in vista e amati della televisione italiana, apprezzato per la sua simpatia e spontaneità, i suoi piatti vengono riprodotti da molti e i suoi ristoranti meta ambita da tanti.

Dopo la notizia del premio vinto per Villa Crespi, il Condé Nast Traveller’s 2025 Readers’ Choice Award, giunge però anche una triste vicenda che ha visto protagonista lo chef. Cerchiamo di capire cosa sia successo.
Cannavacciuolo derubato del nome: come è stato possibile
Quando un nome diventa un simbolo, proteggerlo diventa molto difficile. Purtroppo è quanto accaduto ad Antonino Cannavacciuolo, che si è ritrovato senza volerlo al centro di una vicenda in cui il suo marchio è stato usato senza permesso, associandolo a una attività che non gli apparteneva.
Due coniugi cubani sono stati condannati per aver impiegato il nome e l’immagine dello chef senza alcuna autorizzazione, in un uso commerciale superando ogni limite pensabile. Il caso è un episodio che fa riflettere sul rapporto tra celebrità, etica e diritto.

Il Tribunale di Ravenna ha emesso la condanna, stabilendo che la pena da scontare sia quella di quattro mesi di reclusione e una multa di 3000 euro per il reato di uso illecito del marchio registrato dello chef Cannavacciuolo.
Ma come ha avuto inizio la vicenda? Grazie al grande seguito dello chef che lo ha messo in guardia. Un ammiratrice tramite un messaggio su Facebook, segnala a Cannavacciuolo, che sul menù di un ristorante compariva il suo nome, associato alla nuova promozione. Il locale in questione, il ristorante-pizzeria a Marina di Ravenna, avrebbe adottato il marchio dello chef non solo nel menù, ma anche in un camion usato per pubblicità esterna.
La pubblicità faceva intendere che lo chef partenopeo fosse coinvolto anche nella gestione del locale, nonostante non avesse mai concesso l’uso del suo nome. Quando Cannavacciuolo lo ha scoperto ha subito deciso di agire e fece contattare il locale tramite la sua segretaria che fece finta di essere una cliente per poi successivamente sporgere denuncia ai carabinieri.
Durante il processo lo chef ha confermato che il marchio fosse stato registrato nel 2017 e che non avesse mai autorizzato l’uso al di fuori del contesto televisivo. In particolare, ha ricordato una partecipazione televisiva con una delle persone coinvolte, infatti nel 2016 questa fece parte di una puntata di “Cucine da incubo”. Ha infine chiarito che nonostante dunque la conoscesse non avesse mai concesso di usare la sua immagine al di fuori della tv.
Il processo ha visto coinvolto anche un uomo di 65 anni, di Brescia, imputato per concorso nella gestione societaria del ristorante. Ma per lui il giudice ha disposto l’assoluzione, ritenendolo non responsabile dell’uso illecito del marchio.
Oggi i due coniugi gestiscono un ristorante a Reggio Emilia, e il loro avvocato ha già presentato appello.